Villa Godi
Il progetto palladiano di una villa per i fratelli Girolamo,
Pietro e Marcantonio Godi a Lonedo iniziò nel 1537 per concludersi nel 1542. Con ogni probabilità non si trattò di un incarico autonomo, ma
piuttosto di una commissione ottenuta dalla bottega di Gerolamo Pittoni e Giacomo da Porlezza, all’interno della quale il giovane Andrea
rivestiva il ruolo di specialista per l’architettura. In realtà i lavori di ristrutturazione della tenuta di famiglia cominciarono già nel
1533, per volontà del padre Enrico Antonio Godi, con la costruzione di una barchessa dorica nel cortile di sinistra.
Prima opera
certa di Andrea, che ne dichiara la paternità nei Quattro Libri, villa Godi segna la tappa iniziale del tentativo di costruire una nuova
tipologia di residenza in campagna, dove è evidente la volontà di intrecciare temi derivanti dalla tradizione costruttiva locale con le nuove
conoscenze che Palladio stava via via acquisendo grazie all’aiuto del Trissino.
L’esito è quello di un edificio severo, in cui è
bandito ogni preziosismo decorativo tipico della tradizione quattrocentesca. Chiaramente simmetrico, l’edificio è impostato su una netta
definizione dei volumi, ottenuta arretrando la parte centrale della facciata, aperta da tre arcate in una loggia. La stessa forte simmetria
organizza la planimetria dell’edificio, impostata lungo l’asse centrale costituito da loggia e salone, al quale si affiancano gerarchicamente
due appartamenti di quattro sale ciascuno.
A partire dalla fine degli anni ’40 ha inizio la campagna decorativa degli interni,
dovuta in un primo momento a Gualtiero Padovano, che affresca la loggia e l’ala destra dell’edificio, e successivamente (primi anni ’60) a
Battista Zelotti, che interviene nel salone e nelle sale dell’ala sinistra, e a Battista del Moro, cui si deve l’ultima stanza antistante la
loggia. Contemporaneamente alla campagna decorativa, Palladio interviene nuovamente sul corpo dell’edificio, modificando l’apertura posteriore
del salone e realizzando il giardino retrostante a emiciclo e la splendida vera da pozzo.
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