Villa Almerico Capra - La
Rotonda
Icona universale delle ville palladiane, la Rotonda in realtà è considerata dal suo proprietario come una residenza
urbana o, più propriamente, suburbana. Paolo Almerico vende infatti il proprio palazzo in città per trasferirsi appena fuori le mura e lo
stesso Palladio, nei Quattro Libri, pubblica la Rotonda fra i palazzi e non già fra le ville. Del resto è isolata sulla cima di un piccolo
colle e in origine era priva di annessi agricoli.
Il canonico Paolo Almerico, per il quale Palladio progetta la villa nel 1566, è
uomo di alterne fortune, rientrato infine a Vicenza dopo una brillante carriera alla corte papale. La villa è già abitabile nel 1569, ma
ancora incompleta, e nel 1591, due anni dopo la morte di Almerico, viene ceduta ai fratelli Odorico e Mario Capra che portano a termine il
cantiere. Subentrato a Palladio dopo il 1580, Scamozzi in sostanza completa il progetto con interferenze che studi recenti tendono a
considerare molto limitate.
Non certo villa-fattoria, la Rotonda è piuttosto una villa-tempio, un'astrazione, specchio di un ordine
e di un'armonia superiori. Orientata con gli spigoli verso i quattro punti cardinali, vuole essere letta innanzitutto come un volume, cubo e
sfera, quasi si richiamasse alle figure base dell'universo platonico. Certo le fonti per un edificio residenziale a pianta centrale sono
diverse, dai progetti di Francesco di Giorgio ispirati a villa Adriana o dallo "studio di Varrone", alla casa di Mantegna a Mantova (o la sua
"Camera degli sposi" in palazzo Ducale), sino al progetto di Raffaello per villa Madama. Sta di fatto che la Rotonda resta un unicum
nell'architettura di ogni tempo come se, costruendo una villa perfettamente corrispondente a se stessa, Palladio avesse voluto costruire un
modello ideale della propria architettura.
La decorazione dell'edificio è sontuosa, con interventi di Lorenzo Rubini e Giambattista
Albanese (statue), Agostino Rubini, Ottavio Ridolfi, Bascapè, Fontana e forse Alessandro Vittoria (decorazione plastica di soffitti e camini),
Anselmo Canera, Bernardino India, Alessandro Maganza e più tardi Ludovico Dorigny (apparati pittorici).
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